Con questo settimo volume dedicato al pianeta dei morti, ci avviciniamo all’orizzonte degli eventi. E per questa versione di Dylan Dog sembra esserci un punto di svolta. Quasi definitivo.
Prima di tutto una notazione artistica. È commovente, dopo averlo trovato sulla serie regolare (ve ne parlo qui), vedere delle tavole del compianto Carlo Ambrosini anche qui. Alessandro Bilotta, scrittore della saga, lo ricorda calorosamente nella introduzione. E di fatto lo vediamo misurarsi con una lunga sequenza medioevale. Suo prediletto terreno di gioco.
In questo settimo volume de il pianete dei morti (degli altri vi parlo qui), Alessandro Bilotta comincia a tracciare le fila della storia. Tra riferimenti ad episodi classici della serie regolare e rimandi ai volumi precedenti, la storia prende una consistenza e tutti i misteri trovano una spiegazione. Pronti per quello che, fino ad ora, è il punto di arrivo, ossia il fantomatico speciale 35.
In realtà Bilotta da grande conoscitore della continuity Dylaniata, quasi quanto della condizione umana, mette in congiunzione il ruolo di Xabaras con Hicks. Hicks che è protagonista ora della nuova serie di speciali che hanno portato al rilancio della serie regolare.
Come anticipa il titolo, la grande consolazione, questo volume funge da autobiografia per la Morte in persona o, perlomeno, per una delle sue interpretazioni. Partendo dal medioevo fino al raggiungimento della Londra del Dylan anni ’80, la mietitrice segue un percorso di formazione cercando di trovare il suo posto nel mondo. Fino a quando arriva il momento di venire bloccata in uno specchio senza riflessi. Intrappolata, lascerà che le persone smettano di morire.
Dylan vive questo di traverso, testimone come al solito dei mostri che attraversano il nostro vissuto, sostenuto come al solito dell’amore di cui è perdutamente innamorato. La costruzione di questa storia però è granitica e funziona tutto come un perfetto meccanismo ad orologeria. Aiutato dalle forze di Scotland Yard, Dylan segue i punti fino a comporre la storia. La Morte stessa finisce per complimentarsi delle sue scoperte.
Va detto che il volume successivo, che dovrebbe svelare molti punti, apre in realtà il fianco ad altre domande. Nel corso della presentazione della nuova curatrice, Barbara Baraldi, una delle domande che non si poteva evitare era proprio quella relativa al prosieguo della serie. Sembra che ci siano disponibili altre storie che dovranno trovare la giusta collocazione in fase di pubblicazione.
Se dovessi scommettere, soldi non miei eh, direi che, probabilmente, l’epilogo della saga lo troveremo direttamente in volume cartonato. Del resto manca solo lo speciale 35 per arrivare in paro con la pubblicazione, per cui per l’inizio del prossimo anno potrebbe anche essere probabile che ci si trovi con le nuove storie, pubblicate inedite in volume cartonato.
La struttura grafica, vede un Ambrosini spinto verso la sintesi e l’astrattismo. Il suo è un Dylan brutale, provato dalla vita e dai sensi di colpa. In un certo senso la sua rabbia atavica viene mostrata in una muscolatura massiccia, pesante, stanca.
Il settimo volume del pianeta dei morti si presenta come uno snodo cruciale nello sviluppo della saga, estremamente lucido nella sua composizione, e decisamente proiettato verso una trasformazione del personaggio che però , forse, non vedrà mai la luce nella sua massima completezza. Dato, ovviamente, il cambio di gestioni che ha attraversato le varie testate legate a Dylan Dog negli ultimi anni.
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