Cong edizioni torna in libreria con il terzo volume delle avventure del Corto Maltese moderno. Vivès e Quenehen fanno gli straordinari per consegnare un volume carico di adrenalina e tensione narrativa. l’isola di ieri è il capolavoro che stavamo aspettando.

Devo essere molto onesto qui, il principio di spostare avanti nel tempo le avventure di Corto Maltese mettendo a confronto il vecchio marinaio con il mondo nuovo e globalizzato, un po’ mi lasciava perplesso. Non per mancanza di fiducia nei confronti degli autori, ma proprio per una incompatibilità intrinseca che mi sembrava di vedere tra il pupillo di Hugo Pratt e le noie del mondo moderno.
Invece, già con la conclusione del secondo volume (ve ne parlo qui), ogni cosa sembrava ingranare nel modo decisamente più giusto. Certo, a voler essere spocchiosi, manca ancora quella componente esoterica che ha caratterizzato tante delle pagine di Pratt. questione di trovare la storia giusta in cui inserirla, ne sono convinto.

Al contrario, tutti gli altri elementi che compongono l’anima di Corto emergono prepotentemente ne L’isola di ieri. A fondare una coesione forte, e soprattutto coerente, c’è lo spirito di avventura, dotato di un tempismo frenetico, e la passione filosofica per il bon mot. Alcune tavole sono costruite su delle frasi a effetto perfettamente calibrate che, varrebbero da sole il costo del volume. E la possibilità di comprarne una seconda copia solo per fare un quadro di alcune vignette.
Un elemento nuovo in questa nuova versione della saga, ma praticamente in tutte le reincarnazioni di Corto Maltese, è l’unità temporale in cui la storia viene narrata.
Il volume è infatti intitolato all’Isola di ieri, non solo per la complessa caratterizzazione geografica (ci troviamo dalle parti di Tuvalu, e quindi vicinissimi alla linea internazionale del cambio di data ) ma per la gestione temporale della narrazione stessa. Tutto accade nell’arco di appena ventiquattro ore e, solcata la linea, al nostro Corto non potrebbe che venire in mente di rivivere tutto daccapo.
In realtà si arriva a solcare quella linea dopo una sequela di scene estremamente spinte dal punto di vista dell’azione. Al contrario, l’antefatto porta ad un primo tempo dilatato, quasi riflessivo, dove Corto incontra un vecchio amico e poi, appena dopo, viene rapito.
Da quel momento in avanti accade praticamente di tutto, tafferugli di piazza, un tentativo di evasione, una sequela di inseguimenti ed un atterraggio di fortuna su un biplano che è scritto e disegnato con una precisione stilistica da far paura.

Bastian Vivès adotta una regia basata su cambi di angolazione e ingrandimenti improvvisi che in maniera quasi naturale contribuiscono a rendere dinamico il ritmo. Mai come questa volta il Corto contemporaneo è simile stilisticamente a quello classico. A dover avanzare un’ipotesi, probabilmente accade perché sembra invecchiato, disilluso, amareggiato. La stampa presenta una scala di grigi particolarmente accattivante e, sebbene sarei curioso di vederne una edizione a colori, devo dire che si tratta di una scelta stilistica in contrasto alla linea chiara adottata dall’ultimo Pratt, ma dannatamente affasciante.
Vivès è bravissimo a disegnare la natura incontaminata di Tuvalu, ma ferisce e sa indignare, mostrando le isole di plastica del Pacifico e, in generale, la corruzione con cui l’Occidente moderno sa infettare il mondo.
Martin Quenehen crea un personaggio che rappresenta il perfetto doppio di Corto. Sarò perché alla fine della storia compare un certo accessorio tipico dell’Altro, ma non ho potuto non avvertire un anelito di commozione arrivando a quel punto.
La capacità di Quenehen è quella di inserire Corto in un contesto moderno, dove il turbocapitalismo si sostituisce allo spettro della guerra. Pirati, attivisti e guerriglieri si muovono tutti su uno scenario che contempla una fine vicina. Non è un caso, credo, che sia stato scelto l’arcipelago di Tuvalu come ambientazione.

Il cambiamento climatico porterà in appena poche decadi alla scomparsa delle isole che lo compongono. Un’intera nazione sarà esule e senza terra. Ed è una delle cose più inquietanti che vi capiterà di leggere al giorno d’oggi.
In una situazione così complessa, convivono le influenze di un governo cinese sempre più in crescita, gli attivisti ormai ridotti a punk dall’ottica del No Future e uomini liberi che credono ancora nel Culto del Cargo.
Corto, ovviamente è vicino a tutti e, contemporaneamente, a nessuno.
L’edizione Cong è superlativa e si tratta davvero dei più intriganti volumi letti quest’anno. Da non perdere.
