Barrier di Brian K. Vaughan e Marcos Martin, pubblicato in Italia da Bao Publishing, è un fumetto che scava a fondo nei contrasti dell’America contemporanea, affrontando tematiche di enorme attualità attraverso una narrazione potente e innovativa. L’opera si distingue per il coraggio nel mettere al centro del racconto le barriere che separano individui e popoli, siano esse fisiche, linguistiche o culturali, restituendo un affresco vivido e spietato della società americana ai tempi delle tensioni di confine e della retorica trumpiana.

Il cuore tematico di Barrier risiede nella rappresentazione delle divisioni che attraversano gli Stati Uniti: da una parte la protagonista texana Liddy, segnata dalla durezza della frontiera, dall’altra Oscar, immigrato messicano in fuga dalla violenza. La loro incapacità di comprendersi – dovuta sia ai traumi personali che alla barriera linguistica (la metà della storia è scritta in spagnolo messicano, senza alcuna traduzione) – diventa metafora della distanza che separa mondi apparentemente inconciliabili. Vaughan affronta la questione del confine non solo come linea geografica, ma come simbolo di un’America che erige muri reali e mentali, lasciando i personaggi intrappolati in una terra di nessuno dove la diffidenza è la regola.
Le barriere in Barrier sono molteplici e stratificate. C’è quella narrativa, che costringe il lettore a fare i conti con la propria empatia e i propri limiti di comprensione; quella linguistica, che spinge a vivere in prima persona la frustrazione di non capire l’altro; quella fisica, incarnata dal confine tra il Texas e il Messico, presenza opprimente che richiama le atmosfere dell’America trumpiana, sospesa tra paura e controllo. Ma la vera svolta arriva quando Liddy e Oscar vengono rapiti dagli alieni: l’abduction, raccontata con un’ironia tagliente, mette in ridicolo le divisioni umane, mostrando come le nostre differenze appaiano insignificanti di fronte all’ignoto.

La relazione tra Liddy e Oscar è il motore emotivo della storia. I due protagonisti sono costretti a collaborare per sopravvivere in un ambiente ostile che azzera ogni certezza, e il loro confronto, fatto di silenzi, sguardi e incomprensioni, restituisce tutta la tensione di un’America lacerata. Vaughan adotta uno stile narrativo crudo e asciutto: i dialoghi sono ridotti all’essenziale, privi di retorica, e lasciano spazio all’ambiguità e alla suggestione. Il formato orizzontale del volume richiama il respiro del cinema, regalando sequenze di grande impatto visivo e un ritmo serrato, quasi ipnotico.

Il tratto di Marcos Martin è un vero marchio di fabbrica. Pop, vibrante e ritmico, il suo disegno alterna soluzioni grafiche audaci a una chiarezza narrativa esemplare. Ogni tavola sfrutta il formato panoramico per esaltare la vastità degli spazi desertici, la claustrofobia delle prigioni aliene e la solitudine dei personaggi, sottolineando come le barriere non siano solo muri, ma anche orizzonti che si allontanano man mano che si cerca di raggiungerli.
L’arrivo degli alieni segna un cambio di prospettiva radicale: ciò che sembrava un dramma umano si trasforma in una satira feroce sulle divisioni sociali. Vaughan e Martin usano il fantastico per ridicolizzare le divergenze tra uomini, suggerendo che, di fronte all’assurdo, le nostre piccole guerre appaiono ridicole. La storia invita così a superare i confini dell’identità e della paura, spingendo il lettore a interrogarsi sulle reali barriere che ci separano.

Barrier è un’opera originale, coraggiosa e profondamente attuale. Grazie a una struttura narrativa innovativa, a uno stile grafico inconfondibile e a una riflessione acuta sulle divisioni americane, il fumetto di Vaughan e Martin si impone come uno dei lavori più interessanti degli ultimi anni. Un viaggio che spiazza, coinvolge e, soprattutto, invita a guardare oltre il muro.
