…ed è stato difficile. Soprattutto schivare gli spoiler in queste lunghe settimane. (Ed infatti è stata una sfida parzialmente persa – se qualcuno si chiede perché non è più tra i miei contatti di Facebook, ora lo sa!). Il punto quando si ha a che fare con Sta Wars è che è un campo minato difficilissimo da attraversare. Non si riesce a fare tutti contenti anche se, con gli anni, la mia impressione, è che i fedain siano solamente tra le fila dei vecchi nostalgici. E per dipanare la questione basterebbe ricordare soltanto che la trilogia sequel, così come tutto il resto prodotto da Disney, non ha mai avuto come target i ragazzini nati negli anni ’70, ma i loro figli. E sarebbe sbagliato il contrario.
Quindi perché la critica più feroce e ripetuta che ho sentito muovere a Mandalorian , almeno per quello che riguarda la seconda stagione, è Fan Service ?
Come vi dicevo, è un terreno minato, ma voglio provare cautamente ad attraversarlo. Nell’ultima decade, noi amanti di Guerre Stellari ci siamo dimostrati praticamente incapaci di apprezzare qualsiasi cosa sia stata prodotta sotto l’egida di una Galassia Lontana Lontana. Ma non prendiamoci in giro, anche ai tempi della trilogia prequel, le critiche, i nasi storti (e non fatemi cominciare su Jar Jar Binks…) si sprecavano. A ben guardare, se tutti adesso amiamo alla follia Guerre Stellari è proprio solo per quella passione imperitura per i personaggi creati nella trilogia originale. E se l’amore si è trasmesso fino ad arrivare ad oggi, lo si deve a tutta una serie di piccoli gioiellini, fumetti, libri e videogiochi che, con due semplici parole hanno tramandato il mito fino ad oggi : Universo Espanso. Un corpus di storie che girava attorno ai personaggi originali raccontandone storie mai narrate al cinema ma in media abbastanza distanti da non oscurare gli originali e da tollerare qualche piccola discrepanza. Se non fosse per quello, i tre film, con i loro mostri di peluche e gli adattamenti maldestri (la Guerra dei Quoti? Che diavolo è una Guerra dei Quoti!?) avrebbero intrapreso ben presto il mercato della nostalgia. Ed invece se ci troviamo qui a parlarne e, probabilmente perchè Star Wars è il franchise fantasy più amato del mondo.
Quindi cerchiamo di pensare alla tensione che John Favreau e Dave Filoni devono essersi portati addosso nel creare la prima serie live action del mondo di Guerre Stellari. Sul canovaccio della prima stagione non c’è molto da obiettare. Come già altre volte, i creativi dello Skywalker Ranch pescano a piene mani dall’immaginario del folklore giapponese. Darth Maul, alla sua prima apparizione era un Oni, ed i Jedi della trilogia prequel erano palesemente dei samurai. Qui il riferimento è meno ovvio, ma più interessante. Lone Wolf & Cub, manga leggendario di Kazuo Koike e Goseki Kojima, che vede un ronin girare il Giappone feudale assieme al suo piccolo in culla per scappare da cacciatori di taglie e samurai nemici. Nulla di male, chiedete a Kurosawa se non è da quasi un secolo che i gaijin gli rubano le idee per le loro epopee western.
Tutto tornava nella prima stagione. Stesso universo della saga principale, abbastanza riconoscibile per sentire l’effetto nostalgia (siamo circa cinque minuti dopo episodio VI), ma personaggi ed ambientazione completamente nuova tanto per provare un sapore differente. I mandaloriani, hanno sempre fatto parte dell’universo di Guerre Stellari, eppure sono nelle serie di The Clone Wars e Rebels arrivavamo a conoscere alla perfezione tutti gli elementi che rendevano il loro mondo avvincente e carico di leggende. L’ultimo episodio della prima stagione ci aveva perfino lasciato con un rimando ad un elemento di Rebels, la dark Saber, che faceva presagire grandi passi in un universo più ampio.
Che poi è quello che succede in questa seconda stagione. Grandi esplosioni, nuovi mondi, il mood silenzioso di Mando, che tra l’altro viene ulteriormente approfondito come character. E allora perché questo costante riferimento al fan service ?
Nella tradizione nerd, il fan service è uno strizzare gli occhi ai fan più duri e puri, mettendo piccoli riferimenti che soltanto loro possono gradire, e di conseguenza, sentirsi gratificati. E Solo che qui siamo ben oltre il fan service. Siamo nell’ambito del voler giocare più sicuro possibile. E infatti, (e per chi ancora non ha visto la serie avverto : SPOILER da qui in avanti) in otto episodio, ricompaiono :
- Ashoka Tano, così come l’avevamo vista nel finale di Rebels, che usa le stesse esatte parole di Ben Kenobi, con tanto di comparsa dei due animali sensibili alla Forza visti in Rebels, e quello si che è fan service da applausi
- Il grand Ammiraglio Trawn viene menzionato come fosse ancora in vita, ed è un altro riferimento a Rebels
- Bo-Katan ritorna direttamente da The Clone Wars, anche se secondo me dovrebbe essere un po’ più anzianotta (ma forse i Mandaloriani sono più longevi)
- La Dark Saber direttamente da Rebels
- Bib Fortuna direttamente da Episodio VI
- Boba Fett, direttamente da Episodio VI
- E ….dell’ultimo personaggio nel parliamo in finale.
Una piccola precisazione. Già da qualche tempo la Disney ha dimostrato di voler recuperare i personaggi favoriti dall’Universo Espanso e reinserirli nel nuovo canone. Trawn, personaggio letterario creato nella superlativa trilogia di Heir to the Empire. Boba Fett si sapeva da decenni che era sopravvissuto al Sarlacc ma questa è la prima volta che ritorna nel nuovo canone. Ottime scelte per carità. Ed interessante come la Disney abbia recuperato dal MCU lo stile, utilizzando una piattaforma per lanciarne altre mille. E così ci troviamo già pronti alla miniserie di Ashoka e quella di Boba Fett già annunciate all’Investor Day. E sono curioso di scoprire come finirà per Bo-Katan visto che a, tutt’oggi, di una terza stagione di the Mandalorian si sa poco o nulla.
Piccola curiosità, la serie ha degli ottimi episodi anche senza che mezzo universo di Guerre Stellari corra a dare man forte. Verrebbe da chiedere se non fosse sostenuta da tutti questi characters, quale direzione avrebbe preso. E, soprattutto se si sarebbe sostenuta da sola. Ho apprezzato i riferimenti e le connessioni, ma, non vogliatemene, avrei volentieri visto altri aspetti di questo universo.
E qui arriviamo all’ultimo ospite della serie. E credetemi non è che non l’abbia apprezzato, visto che è da sempre il mio personaggio preferito. Luke Skywalker, spada verde da Console Jedi (lo so, sono un nerd legato all’universo espanso) fa fare una figuraccia a Mando. Del resto non è che i Mandaloriani nei film facciano mai questa gran figura, giudicate voi da i primi venti minuti di Episodio VI.
Ma la domanda che mi viene più forte è : Perché?
E la spiego in due modi differenti :
Perché non Kanan Jarrus o Cal Kestis (per tacere di Kyle Katarn) ?
Perché quel CGI da fan fiction, con il naso di Mark Hamill distorto dal morphing come un brutto deep fake?
Oltretutto l’età di Mark Hamill sarà sempre più inadeguata per un Luke Skywalker post episodio VI. Perché insistere e non lasciare al nuovo attore (Sebastian Shaw?) una identità meno da cosplay? O passare direttamente ad una serie animata?
Onestamente non credo di essere pronto a vedere i volti dei miei eroi di gioventù in nuove produzioni immarcescibili senza le offese del tempo. E senza un briciolo di umanità.
Insomma, fan service? Si. Anzi, peggio. C’è un termine romano che definisce alla perfezione lo stile. Eppure la serie è avvincente e con effetti speciali credibili, che mi fanno solo desiderare di volerne di più. Ma senza, per Forza, indugiare, sui soliti noti.