Gigi Simeoni è un autore navigato, che nasce disegnatore e si insinua nella scrittura con buone capacità di storytelling. Il suo stile classico ben si confà ad una storia, come quella di questo albo, dotato di una rappresentazione molto esteriorizzata dell’orrore. Il Dylan che incrociamo è un personaggio corrucciato, nevrotico, attento alle casualità e che, contro ogni aspettativa (di chiunque, di Bloch, di Groucho) riesce a trovar un fil rouge che allinea una serie di delitti in un periodo che si estende per ben quasi un secolo.
Vittime predestinate sono autori, scrittori, commediografi, spesso blasonati, ma quasi sempre accantonati da pubblico e critica. Quasi si potrebbe definirli mediocri. Tutti trovati morti mentre erano intenti a comporre un’opera che celebrasse in ossimori vita e morte. Tutti trovati morti dissanguati, tutti finiti presto a rinfoltire le schiere dei cold cases senza troppa convinzione da parte di nessuno.
Se dovessi seguire la concezione sclaviana (che fa gli anni proprio mentre scrivo) dei molteplici Dylan di universi paralleli, direi che il Dylan di questa storia non è esattamente in linea con il continuum che tutti conosciamo. Andando a scovare per bene i dettagli, anche la Craven Road che viene rappresentata in principio di albo, non sembra esattamente quella che siamo soliti riconoscere. Lo stesso Groucho, che qui si improvvisa rimatore, si allontana dal canone demenziale per prendere una svolta sicuramente bislacca, ma distante dal suo solito sé.
In tutto questo la storia segue comunque un ritmo molto serrato, a parte alcune sbavature, lo svolgimento della storia si muove su binari molto solidi.
L’avversario che incontriamo è un vampiro, ma di un genere molto letterario. Se la sua concezione potrebbe essere simile, in un certo qual modo ad una creatura da cinema est europeo, il suo scopo è squisitamente innovativo. Quante volte ci siamo trovati quasi ad ammirare queste creature eteree eppure antichissime. Bellissime grazie al potere del sangue, eppure approfonditamente ridotti a mummie antropomorfe. Mosse da un desiderio, o da uno scopo, che li muove immobili.
Invece qui il vampiro è un mediocre scrittore, banale nella scelta delle sue svolte narrative, perfino nel concepimento dei modi di occultare le proprie vittime. Una vanità da uccisore seriale, catalogare le proprie vittime in base ad un semplice scopo, scrivere con il sangue, in un voluminoso tomo, una storia generazionale. La parte involontariamente comica, risiede proprio nel registro, nell’antagonista che si considera molto più in alto di quello che davvero è.
In questo il tratto di Simeoni artista rispecchia questa seriosità d’antologia. In questo il curatore della testata, azzecca bene la cifra stilistica. Simeoni ha uno stile che ha assorbito e ben digerito quel mostro sacro che fu ed eternamente è Bonvi. Il design, soprattutto di Dylan, ma anche dei comprimari, non è mai completamente serio, l’espressione è convinta in maniera ragionata, misurata. Le sue tavole sono dotate di una regia fenomenale, millimetrica. Espressiva al massimo.
Due cose mi hanno colpito. Simeoni segue bene le regole, e dopo tanti mesi in cui quasi ce ne eravamo dimenticati, riporta il rapporto tra Dylan e Bloch a figlio e padre. Non ne sentivamo la mancanza probabilmente, ma è quello che Dylan è, dopo la Meteora.
E poi c’è Safarà il negozio che appare ne le Storie di Domani, che funge quasi da deus ex machina. Che svolge bene la funzione di chiudere la storia fornendone un epilogo a scoppio anticipato che lascia un paio di pagine di spazio di defaticamento.
È interessante questo rientro, dopo lunghi mesi. È interessante questo aspetto del nostro investigatore che si evolve e muta, pur rimanendo sempre identicamente simile a se stesso.