Questo volume, cartonato, rivede in una corposa ristampa, una delle storie più classiche e, tragicamente meno ristampate, del canone del ricercatore di Washington Mews. Il team al lavoro, Catelli e Alessandrini, è quanto di più classico posso concepire per una storia di Martin. Ed in effetti, oltre a vantare l’inusitato primato di essere una storia mai ristampata, presenta una serie di spunti che vanno analizzati attentamente.
Cominciamo dalla matite di Giancarlo Alessandrini. Nella sua generazione, è un disegnatore superlativo capace di un potentissimo character design, accompagnato da una linea chiara nettissima e dettagliata. Il suo rapporto con lo spazio bianco è estremamente classicheggiante e rimanda ai leggendari tempi delle riviste e della testata un uomo un’avventura (che io spero sempre di rivedere ristampata nella sua integralità). Alessandrini si dedica alle tavole con dovizia di particolari, e, soprattutto in una storia così particolare dove tecnologia ed esoterismo si fondono, produce un lavoro senza pari che, devo dire, nelle tavole formato quaderno non riesce ad emergere.
Perché, almeno le ultime trenta pagine di questa storia ho avuto la possibilità di leggerle in una vecchia ristampa (ai tempi si chiamavano Tutto Martin Mystere) e potrei averla recuperata al mare in Calabria nell’estate del ’90 o del ’91 per poi leggermela bene in Normandia. Note a margine, ovvio. Ma è curioso come una delle battute finali di Tower sia riuscita a riportarmi alla memoria tutta la faccenda.
D’altra parte Alfredo Castelli. Alfredo è un sapiente affabulatore capace di recuperare i suoi elementi narrativi in un minestrone degno del periodo d’oro di Franco Battiato. E quello che ci troviamo ad affrontare in questa storia con un’anima marcatamente verde che la rende ancora oggi tristemente moderna è proprio quello. Una incredibile ricetta di cultura pop che mescola assieme la storia del tempo (la Realpolitik e le ultime tensioni tra blocco NATO e Sovietico, pure quelle tristemente attuali) e il folklore e le tradizioni delle popolazioni indigene dell’Oceano Pacifico.
Sapete già a chi viene da pensare quando in un fumetto italiano viene menzionato il Pacifico, no?
Martin viene coinvolto quasi per caso in una faccenda estremamente più grande di lui. Un satellite spia russo distrugge un satellite spia americano e, per evitare imbarazzi da ambo le parti, una missione navale viene avviata dagli USA con una nave recupera relitti la nave realmente esistente ed utilizzata in operazioni simili). Per partire la nave deve sbarazzarsi di un carico radioattivo che viene lasciato andare in acque dove l’intera popolazione viene colpita da malesseri. Incluso Java. Martin a quel punto entra in contatto con lo spirito di un capovillaggio morente e diventa l’avatar della vendetta delle forze della natura.
Ne capite la potenza, vero?
Ed è qui che in effetti il paragone con il fumetto di Avventura appare maggiormente presente andando a scomodare il genio indiscusso di Hugo Pratt. E narrativamente non siamo troppo lontani, malgrado il bianco e nero nettissimo, le tavole trasmette quella vibrazione esotica che le rende grandi comunicatrici di sogni. Perfette in questa versione ingrandita, rispetto al tradizionale quanto limitante formato quaderno.
La differenza semmai è proprio nella sceneggiatura. Alfredo Castelli è meno ermetico. Ci racconta la storia, la riempie di dettagli e note che possono far passare il tutto per narrativa popolare ma che, se ci rendiamo bene conto del contesto, comprendiamo si tratta proprio di una dimensione altra ma affine. Martin non è un capitano di ventura di fine Ottocento, ma uno studioso laureato che approfondisce le questioni che affonda trasmettendoci, da bravo divulgatore alla Peter Kolosimo (siete troppo giovani per ricordarlo, vero), tutto il suo sapere enciclopedico.
Che, per altro, lo hanno reso materia di leggenda. Complimenti perciò alla Bonelli per questa edizione carica di note ed estremamente ben confezionata che ha fatto riemergere uno dei tesori della sua sconfinata biblioteca.