Ci sono quelle storie che hanno il potere di sedurmi ed appassionarmi, senza lasciarmi il minimo spazio di riflessione. Diventa fede cieca, senza che debba essere mai messa alla prova. Il solo fatto che esistono è la prova che c’è del bello, e dell’intellettualmente stimolante, nel mondo.
10 ottobre è qualcosa del genere, perché il suo fascino morboso mi ha preso allo stomaco sin dalle prime pagine lasciandomi l’inusitato desiderio di volerne ancora di più. Ma non lo è allo stesso tempo. Perché alla fine di ogni volume mi ritrovo a voler riflettere sulle implicazioni filosofiche di quello che ho appena letto. Chiedermi che senso possa avere un’esistenza con na data di scadenza certa ma non nota. Aver eliminato ogni rischio renderebbe la vita migliore o peggiore?
I Radiohead dei tempi che furono cantavano No surprises con un video claustrofobico in cui Thom Yorke senza effetti speciali rischiava di rimanere soffocato in un casco di vetro riempito lentamente d’acqua. A dirla tutto il ritornello inneggiava a no alarm and no surprises.
Niente cose belle, ma neanche rogne insomma.
Ecco, se quella canzone avesse un arrangiamento orchestrale scritto da Burt Bacharach sarebbe la perfetta colonna sonora per questa storia raccontata magistralmente da Paola Barbato e Mattia Surroz.
Se nel primo volume, venivamo accolti in questa distopia e Richie, il giovane protagonista a solo una settimana dal suo undicesimo non sapeva se la sua vita sarebbe proseguita o meno oltre quel giorno, in questo secondo appuntamento (secondo di quattro) ci vengono consegnate le chiavi del regno e quello che ci viene concesso è un giro turistico che include anche gli angoli meno illuminati di questo strano mondo.
Scopriamo che la gente non può morire fuori dai fatidici compleanni potenzialmente letali, e che esiste una lista, all’apparenza complessissima, di cose che è fortemente sconsigliato fare perché potrebbero comportare una fine certa. Il marito di Melody ad esempio è morto pulendo una grondaia. Ed è quasi una vergogna, tanto che perfino nei cimiteri non c’è spazio per questi irregolari, che finiscono relegati in un angolo dove anche esteticamente, vengono differenziati dall’apparente regolarità estetica che contraddistingue tutti gli altri.
Nel primo volume avevamo lasciato Richie, nato appunto il 10 di ottobre, in compagnia di un gruppo di persone con cui condivideva misteriosamente la stessa data di nascita. Organizzati dalla misteriosa Denice.
In questo volume scopriamo con esattezza il piano che hanno in mente. Un’idea tanto rivoluzionaria quanto probabilmente ingenua, che ha insito il seme di un certo luddismo. È vero che quattro volumi sono uno spazio relativamente breve per dipanare trama ed intreccio, ragione per cui si deve per forza portare ad una evoluzione veloce di personaggi ed eventi. Ma forse avrei preferito aspettare il terzo volume per conoscere esattamente i piani dello strano gruppo.
Del resto, conoscendo la Barbato, mi aspetto che nulla vada così liscio e che ci siano davvero molte cose a complicare l’esistenza di questi personaggi, che pagina dopo pagina vengono raccontati con un naturalismo esasperante, che ce li rende presenti, e terribilmente credibili.
Interessante il lavoro di Mattia Surroz. Alla dolcezza utopica del primo volume qui il suo tratto affronta una sostanziale modifica. Si fa più nervoso, quasi ansiogeno. Il tono espressivo trasmette l’irrequietezza di chi, cerca di scappare dalle trame di una vita già progettata. Alienante, ma sicura.
Si finisce per muoversi fuori dagli schemi, inebriante, ma allo stesso tempo terrificante. Niente allarmi né sorprese, dicevamo, no ?
In sostanza si tratta di un volume che ci porta nel pieno dell’azione. Il mondo ci è stato descritto ampiamente, ma adesso bisogna assistere al secondo atto, alla concretizzazione delle loro paure, e comprendere cosa succederà poi.
È una storia che continua a stringermi in una morsa di ansia ed attrazione fatale. E pagina dopo pagina sono sempre più convinto che solo con il quadro completo, avremo un’idea precisa di quanto è eclettico quello che abbiamo appena letto.