L’effetto He-Man è uno dei più riusciti volumi di graphic journalism pubblicati recentemente. Brian Box Brown affronta la tematica della nostalgia con una precisione quasi chirurgica.
Ed il risultato è spiazzante.
Perfino io, che mi sono occupato delle stesse questioni per tantissimo tempo, sono rimasto a bocca chiusa. Le considerazioni fatte sulle strategie commerciali degli anni ’80, applicate al mercato più fiorente che possa esserci, quello dell’infanzia e dell’adolescenza, spiegano determinate dinamiche accompagnandole a dei dati che, rendono il quadro molto più nitido.
Più volte mi è capitato di chiedermi per quale ragione solamente nella decade degli anni ’80 è stato possibile sviluppare delle serie di giocattoli (Masters, G.I. Joe, Transformers, ma senza tralasciare, ovviamente Star Wars appena antecedente), che riuscissero a sorpassare l’orizzonte delle generazioni e che, ancora adesso, abbiano nuovi adepti. Tutto mentre, nelle decadi successive nessuno è riuscito a creare un franchise così solido e crossmediale da potervisi affiancare.
Uno dei pregi del libro di Box è che questo elemento, è spiegato alla perfezione. In quegli anni, a seguito di una serie di de-regolazioni, era possibile trasmettere una serie televisiva con il più che palese scopo di renderla uno spot promozionale per dei giocattoli che erano disponibili. L’analisi della strategia di mercato si spinge ancora oltre, sottolineando che le menti dei ragazzini a cui quelle serie erano destinate, non erano capaci di distinguere tra gli spot promozionali che le intervallavano e le serie vere e proprie. Di fatto fornendo a quasi due generazioni, un immaginario collettivo protetto da copyright.
Questo meccanismo è interessante e sicuramente si applica al mercato americano dove determinate serie venivano create solo per fornire una struttura narrativa che invogliasse all’acquisto dei giocattoli. Una cosa che però non ho mai considerato e se questa cosa funzionasse ai tempi anche con altri mercati. Ad esempio, Go Nagai, costruendo tutto il suo universo robotico, aveva in mente la vendita dei relativi giocattoli? Onestamente non saprei dirli con tanta certezza.
La disamina si spinge ancora oltre partendo dal presupposto che quelle determinate idee ormai abbiano contaminato il nostro immaginario e che l’effetto nostalgia, ossia quella sensazione che ci fa guardare con un velo di tristezza a e calore a quanto accaduto in passato a dispetto che sia bene o male, ci leghi indissolubilmente a questi marchi.
Può darsi.
Anzi. Lo prendo per buono. La domanda che non posso smettere di pormi però è un’altra. Indipendentemente dalle ragioni che hanno portato la mia generazione ad avvicinarmi a quei marchi fino a renderli così familiari, quanto è genuino il mio interessamento a loro? E non parlo solo di personaggi legati al mondo dei fumetti, del fantasy o della fantascienza. Parlo proprio di tutto che ci lega al nostro passato. Penso agli sportivi, a quelli che acquistano un determinato paio di sneakers perché sono le stesse del loro campione. In fondo si tratta esattamente dello stesso preciso meccanismo.
Ma non mi spiega quanto, ci sia di mio nell’idea di rimanerci invischiato.
È una considerazione che fa davvero paura. E box Brown è stato bravissimo a rinchiuderla nelle pagine de L’effetto He-Man. Si tratta di un libro che Bao ha appena pubblicato in Italia, in una edizione strepitosa e che, tutti noi appassionati di un genere dovremmo essere capaci di leggere ed interpretare.
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